Diario siciliano #3. No Muos. Ritorno a Niscemi

10_MuosL’ultima volta c’ero stato quasi diciassette anni fa, il 21 marzo del 1997, in occasione della Giornata della Memoria e dell’Impegno promossa da Libera, l’associazione presieduta da don Luigi Ciotti. Era da allora che non tornavo a Niscemi, paesone in provincia di Caltanissetta noto per la bontà dei suoi carciofi. Delle persone conosciute in quegli anni non c’è rimasto quasi più nessuno: la maggior parte è emigrata altrove; Totò Liardo, che è stato il sindaco della rinascita dopo il primo scioglimento del consiglio comunale (anni dopo il governo ne decretò un secondo) per infiltrazioni mafiose, invece è morto. Sono in tanti, qui, a ricordarlo con affetto, stima e un pizzico di rimpianto: si faceva volere bene, Totò, sia come persona sia come sindaco.
Tornare rimette in moto ricordi sopiti, lontani nel tempo, collocati nel periodo 1990-1997, in anni in cui un piccolo gruppo di “carbonari” riunito nell’associazione Anadromo resisteva attivamente allo strapotere mafioso, che qui esprimeva il sindaco e un pezzo consistente di consiglio comunale.

12_bloccoOggi è un’altra storia. Non che la mafia sia stata sconfitta, tutt’altro, ma l’emergenza, oggi, a Niscemi, si chiama MUOS, il sistema di telecomunicazioni satellitari della marina militare statunitense giustamente percepito come un killer invisibile, un subdolo attentato permanente alla salute di ogni abitante della zona. E’ stata la determinazione degli Usa a volere installare il MUOStro, come lo chiamano i niscemesi, e l’atavico servilismo delle classi dirigenti italiche, a risvegliare le coscienze e a dare vita a un movimento popolare che ora pretende pure la disinstallazione delle 41 antenne di telecomunicazione che li avvelenano da oltre venti anni, a loro insaputa, con la continua emissione di radiazioni elettromagnetiche. Fino a ieri. Poi le necessarie autorizzazioni per la realizzazione del MUOS e l’informazione dal basso (ché quella “alta” non ha tempo per queste “quisquilie locali”) hanno insinuato il dubbio e, progressivamente, squarciato la fitta coltre di omertà istituzionale che aveva avvolto questa installazione militare nata violentando la Sughereta, la riserva naturale in contrada Ulmo, protetta dall’Europa, a cui s’è rivolta Legambiente per chiedere l’avvio della procedura d’infrazione nei confronti della Regione per avere consentito che un bosco unico al mondo potesse subire lo sbrego velenoso a stelle e strisce.

L'Urlo delle Mamme No Muos

L’Urlo delle Mamme No Muos

Il presidio No Muos di contrada Ulmo è il simbolo della protesta, l’avamposto creato da un gruppetto di giovani per impedire il transito ai veicoli militari e agli operai. Lo scorso 11 gennaio li hanno sgomberati a manganellate per fare passare i Tir che trasportavano le megagru necessarie a montare le parabole satellitari.

Quando mi presento al presidio, la sera del 3 febbraio, mi guardano con la curiosità dovuta a ogni nuovo estraneo. Arrivare con Ciccio, l’anziano compagno proprietario del B&b in cui ho preso alloggio, mi dà il vantaggio di non essere guardato con sospetto, ma con genuina curiosità, appunto. Un filo di diffidenza si fa strada quando faccio i nomi delle due persone che conosco a Niscemi, nomi indigesti, per motivi diversi, che rappresentano una referenza negativa. Per fortuna c’è Ciccio.
11_falòCi si ritrova intorno al fuoco che scalda le sere gelide e le notti insonni delle vedette No Muos; chiedo e ascolto, anche loro chiedono. Col calare della sera arrivano altre persone, figure indistinte appena illuminate dalla lingue rossastre che guizzano dalla brace abilmente smossa da qualcuno.
«Chi è quel tipo?» bisbiglia un nuovo arrivato, riferendosi a me. «Un giornalista, si chiama Gulisano», risponde un altro, scandendo bene il cognome. «Gulisano chi? Quello dei Siciliani?» chiede un terzo che non avevo visto arrivare, ancora in piedi. Mi sorprende e mi emoziona sentire citare il giornale senza il quale difficilmente mi sarei ritrovato a fare il giornalista. E mi emoziona che ci sia ancora chi si ricorda di me, diciassette anni dopo l’ultimo numero di quel mensile. Cerco di non far trasparire l’emozione e rispondo: «Sì, “lui”, cioè io».
Marino ha la testa canuta, gli occhiali da presbite e un sorriso cordiale. Ha l’età per ricordarsi di Giuseppe Fava e dei
Siciliani. E di me, che negli anni 90 ho scritto tante volte, anche su Avvenimenti, di Niscemi. Nel ’97 scrissi anche un libro in cui raccontavo la loro resistenza e la difficile ed entusiasmante esperienza amministrativa della giunta Liardo. Ed è probabile che si ricordi pure di quello. A quel punto, se ancora permaneva qualche residuo di diffidenza, sento che svanisce del tutto. E non perché quei giovani sapessero qualcosa del giornale in cui ho iniziato a scrivere, ma perché, oltre a Ciccio, c’è un’altra persona che stimano, uno di loro, a “garantire” per me, malgrado le mie “cattive” frequentazioni locali.

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Il giorno successivo conosco le Mamme. Viaggio con loro su uno dei tre autobus diretti a Palermo, dove, all’Assemblea regionale siciliana, si terrà la riunione congiunta delle commissioni Territorio e Ambiente e Sanità che devono ascoltare diversi esperti per valutare gli effetti del MUOS sulla salute delle persone ed esprimere un parere che potrebbe portare alla revoca delle autorizzazioni già concesse dal governo nazionale e dalla precedente giunta regionale. Da Roma, la ministra Cancellieri ha già fatto sapere che la micidiale installazione statunitense rappresenta un «sito di interesse strategico» per la difesa dell’Italia e dei Paesi alleati. A prescindere dalla salute delle circa trecentomila persone che abitano nel raggio d’influenza delle antenne. A prescindere dal fatto che la salute dei cittadini è un bene costituzionale.
Durante il viaggio e poi a Palermo le ascolto, queste donne battagliere riunite nel Comitato mamme No Muos. Casalinghe, perlopiù. Casalinghe come le Madri argentine di Plaza de Mayo, quelle “matte” che quarant’anni fa rivolevano i propri figli sequestrati dal regime militare fascista e che, da allora, ogni giovedì, si ritrovano in piazza per chiedere verità e giustizia. Loro, le Mamme di Niscemi, hanno scelto il mercoledì per ritrovarsi in piazza e chiedere che la salute dei propri figli sia tutelata, non sia intaccata dal MUOStro. Una storia speculare a quella delle Madres, questa delle Mamme: quelle rivolevano i corpi dei propri figli
desaparecidos; loro vogliono che nascano e crescano sicuri, senza malformazioni, senza la prospettiva di morire senza vivere la vita.
08_mammeAscolto il loro ripetuto, insistito «Urlo» per la vita nel piazzale antistante l’Ars. Vedo lacrime solcare le guance di alcune di loro. E capisco che non le fermeranno. Non le fermeranno i politici nostrani né quelli romani e nemmeno gli Stati Uniti d’America. Sanno ciò che vogliono ed è tutto prepolitico, non ideologico: non sono antiamericane o comuniste, non sventolano vessilli antimilitaristi, lottano per la vita dei propri figli. Tutto primordiale, essenziale. Umano. Le Mamme niscemesi ci chiedono di tornare umani. Come Vittorio Arrigoni. Senza nemmeno sapere chi fosse Vic, probabilmente. E non si fermeranno finché non avranno la certezza che il MUOS non si farà, le antenne esistenti, che da vent’anni avvelenano la loro comunità, non saranno smantellate e i loro figli potranno nascere e crescere senza l’handicap delle radiazioni elettromagnetiche a condizionarne l’esistenza.

3. Continua

Informazioni su Sebastiano Gulisano

Siciliano, anzi jonico-etneo trapiantato a Roma. Cane sciolto, curioso, giornalista per passione civile (ma questa non è una testata giornalistica - e si vede). Disadattato, ché mi pare che di civile in giro ci sia sempre meno. Sognatore: cioè fesso.
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Una risposta a Diario siciliano #3. No Muos. Ritorno a Niscemi

  1. Fabrizio ha detto:

    Reblogged this on F.B. Updates and commented:
    Grazie a Sebastiano Gulisano

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